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Viktor Orban, il leader europeo in carica più longevo dell’Unione europea, cerca una riconferma nelle elezioni parlamentari di oggi, domenica 3 aprile. Fino a poco tempo fa, il suo partito Fidesz sembrava dirigersi senza rischi verso la vittoria. La guerra in Ucraina, però, ha cambiato le carte in tavola, e ha reso il cammino del primo ministro filo-Putin più incerto. In carica dal 2010 (ma era già stato a capo del governo tra il 1998 e il 2002), Orban è dato poco distante dallo sfidante Peter Marki-Zay, conservatore leader di Opposizione Unita. Per la prima volta in 12 anni, il primo ministro uscente dovrà affrontare una coalizione compatta che mira a togliere dal potere il leader «antidemocratico» e a riportare l’Ungheria su una «via europea». In un recente intervento, Marki-Zay ha dichiarato che Budapest ha solo una scelta: «Preferire l’Ue all’est». Al voto andranno 9,7 milioni di aventi diritto: secondo i sondaggi di Politico, la percentuale è di 50% per Fidesz e 44% per Opposizione Unita, ma altri poll parlano di un testa a testa al 47%.
Negli ultimi anni Orban – leader ultraconservatore che ha avuto numerosi scontri con Bruxelles sulla giustizia e sui diritti civili -, ha coltivato rapporti stretti con il presidente russo Vladimir Putin. Un legame che si è alimentato grazie alla dipendenza economica dell’Ungheria da Mosca, ma anche alla visione ideologica simile tra i due. Quando il 24 febbraio scorso la Russia ha invaso l’Ucraina, la posizione del primo ministro ungherese si è complicata. Orban, che secondo gli analisti non si aspettava una mossa militare di Mosca, ha scelto di tenere i toni bassi, opponendosi all’invio di armi a Kiev ma consentendo alla Nato di passare sul territorio ungherese per mandare aiuti agli ucraini. Non si è opposto alle sanzioni europee a Mosca, ma durante la campagna elettorale delle ultime settimane, Orban ha detto agli elettori che è negli interessi nazionali rimanere fuori dal conflitto e non dichiararsi né filo-ucraini né filo-russi.
In questo contesto, l’attuale primo ministro ha accusato l’opposizione di volersi sbilanciare troppo nei confronti di Kiev, ponendo le elezioni di oggi come una scelta tra la «guerra e la pace». «Il nostro cuore è con gli ucraini- aveva detto in uno degli ultimi discorsi elettorali – ma l’Ungheria deve difendere i suoi interessi e stare fuori da questa guerra». Mercoledì 30 marzo, il suo ministro degli Esteri Péter Szijjártó ha accusato il governo ucraino di avere rapporti stretti con i partiti di opposizione ungheresi, senza però citare prove. Storicamente, i rapporti tra l’Ungheria di Orbán e l’Ucraina sono andati progressivamente peggiorando: Budapest ha più volte ostacolato i tentativi di Kiev di avvicinarsi alla Nato, scontrandosi più volte con i governi che si sono succeduti.
Anche la Serbia al voto
Anche la Serbia, altro Paese dell’Est Europa la cui campagna elettorale è stata intaccata dalla guerra in Ucraina, andrà oggi al voto per le parlamentari anticipate, per le presidenziali e per le amministrative in 14 Comuni, fra i quali Belgrado. Da oltre dieci anni il Paese tenta di far valere la sua domanda di adesione in Unione europea mantenendo parallelamente buoni rapporti con Mosca e Pechino. Aleksandar Vučić, conservatore in carica dal 2017 e favorito per la riconferma, ha appoggiato le sanzione occidentali alla Russia, ma, dipendendo da Mosca per le forniture di gas, non ne ha applicate di sue. Vučić si è sbilanciato più di Orban in favore del blocco atlantico, pur avendo dichiarato di non voler entrare nella Nato. Oltre a lui e al suo partito Sns, ci sono sette candidati in lizza per essere il prossimo presidente della Serbia, quattro dei quali hanno una forte spinta nazionalista. L’unico candidato in grado di avvicinarsi al risultato di Vučić è Zdravko Ponos, ex capo di stato maggiore dell’esercito serbo, candidato di Uniti per la vittoria della Serbia, il maggior partito d’opposizione.
Immagine di copertina: EPA/BENKO VIVIEN CHER /
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